Nuovo decreto lavoro: attenzione alle modifiche per i contratti a tempo determinato

Il decreto Lavoro (D.L. n. 48/2023) ha nuovamente posto l’accento sulla contrattazione collettiva per quanto riguarda la gestione dei contratti a tempo determinato. Si intende in questo modo superare le restrizioni imposte a suo tempo dal cosiddetto “Decreto Dignità”.

A tale fine, il nuovo decreto Lavoro prevede che, in mancanza di regolamentazione da parte della contrattazione collettiva, l’apposizione del termine ai contratti superiore ai 12 mesi (ma non eccedente i 24 mesi) è determinato dalle parti contraenti, che devono tuttavia motivare e giustificare le ragioni di carattere tecnico, organizzativo e produttivo. In sostanza, la causale inserita nel contratto individuale dovrà essere specifica con riferimento al fabbisogno reale dell’impresa connesso all’intensificazione dell’attività, incremento che dovrà inoltre essere temporaneo.

Il problema si pone nel caso in cui manchi una regolamentazione collettiva: quali motivazioni possono essere addotte in questa evenienza?

Ferma restando la a-causalità per i primi dodici mesi del rapporto di lavoro, con il nuovo decreto è stato modificato l’impianto relativo alle casuali che giustificano l’apposizione di un termine superiore, comunque non eccedente i 24 mesi.

E’ previsto che l’apposizione del termine superiore ai 12 mesi (sia in caso di stipula ma anche di proroga e rinnovo), ma non eccedente i 24 mesi sarà possibile:

  1. a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015;
  2. b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;

b-bis) in sostituzione di altri lavoratori.