Telecamere sul luogo di lavoro, senza accordo sindacale è ancora reato

Gli impianti audiovisivi per il controllo dell’attività lavorativa restano “banditi” anche dopo l’introduzione delle modifiche apportate dal Jobs Act al mondo del lavoro. In assenza di accordo con i sindacati o di autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro, continua ad essere reato l’installazione di telecamere sui luoghi di lavoro.

A ribadirlo, riaffermando il principio anche dopo l’introduzione del Jobs Act, è stata la Suprema Corte con la pronuncia n. 51897/2016, pubblicata il 6 dicembre 2016. La Cassazione ha chiarito che la figura dell’illecito prevista dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (che pone appunto il divieto di utilizzo di apparecchiature per il controllo a distanza dei dipendenti) è rimasta inalterata anche a seguito delle modifiche apportate dal D. lgs. N. 151/2015.

Resta dunque sanzionabile il datore di lavoro che, senza aver prima acquisito il consenso delle rappresentanze sindacali o l’autorizzazione dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, ricorra alle telecamere per monitorare l’attività dei propri dipendenti.

Se il principio di fondo resta inalterato, con il Jobs Act sono state apportate comunque alcune rimodulazioni al precedente testo normativo. E’ ad esempio il caso degli impianti audiovisivi a fini di tutela del patrimonio aziendale, che ora possono essere installati anche laddove implichino al tempo stesso il controllo dell’attività dei lavoratori (ferma restando la necessità di previo accordo con il sindacato).