Lavoro domestico e telecamere, serve il consenso preventivo

Anche per il lavoro domestico è necessario il consenso preventivo del lavoratore ai fini dell’installazione di un impianto di videosorveglianza. In altre parole, si possono installare videocamere in un’abitazione in cui presta la sua attività un lavoratore domestico, a patto che si rispettino le tutele previste dalla normativa sul trattamento dei dati personali. Tra queste, appunto, quella che richiede il consenso preventivo e l’obbligo informativo degli interessati.

Lo ha chiarito l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (nota n. 1004 dell’8 febbraio 2017) rispondendo a un quesito specifico in materia. Il rapporto di lavoro domestico, osserva l’Ispettorato, è oggetto di una regolamentazione specifica che tiene conto delle peculiari caratteristiche della prestazione del lavoratore, dell’ambiente lavorativo e della natura del soggetto datoriale.
Sulla scorta di queste premesse, e in particolare del fatto che il datore di lavoro è un soggetto privato non organizzato in forma di impresa, l’Ispettorato ricorda che il rapporto di lavoro domestico non è soggetto alla tutela prevista dall’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, che fissa limiti all’utilizzo di impianti audiovisivi in ambito lavorativo.

 TUTELA DELLA RISERVATEZZA  – L’esclusione delle tutele previste dallo Statuto dei Lavoratori, precisa però l’Ispettorato, non sottrae il datore di lavoro al rispetto dell’ordinaria disciplina sul trattamento dei dati personali, poiché è pienamente confermata la tutela del diritto del lavoratore alla riservatezza, assicurata dal Decreto legislativo n. 196/2003. Il decreto dispone per l’appunto la necessarietà del consenso preventivo e del connesso obbligo informativo degli interessati.

Nell’ambito domestico e anche nel caso di finalità esclusivamente personali, il datore di lavoro è pertanto sottoposto ai vincoli posti dalla normativa sul trattamento dei dati personali a tutela della riservatezza, in particolare quanto previsto dall’articolo 115, D.lgs. 196/2003.