Tracciabilità retribuzioni: multa senza diffida per le violazioni

Con le note del 22 maggio e del 4 luglio, l’ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito alcuni chiarimenti in merito al divieto di pagamento delle retribuzioni in contanti. Il divieto, lo ricordiamo, è previsto dalla Legge di Bilancio 2018 ed è entrato in vigore a partire dal 1° luglio.

 

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In base alla nuova disposizione, la retribuzione deve essere “tracciabile” e tanto i datori di lavoro quanto i committenti sono tenuti a corrispondere ai lavoratori la retribuzione – e ogni anticipo di retribuzione – unicamente tramite bonifico, strumenti di pagamento elettronico, assegni o pagamenti in contanti allo sportello.

L’Ispettorato ha anzitutto precisato che rientra tra i cosiddetti “strumenti di pagamento elettronico” il versamento degli importi effettuato su carta di credito prepagata intestata al lavoratore, anche se quest’ultima non è collegata a un Iban. In questo caso, tuttavia, il datore di lavoro dovrà conservare le ricevute di versamento anche ai fini di una loro eventuale esibizione agli organi di vigilanza.

Nella nota del 4 luglio, inoltre, l’Ispettorato precisa che che per i soci lavoratori di cooperativa i pagamenti possono essere effettuati con il “libretto del prestito” a condizione che sia richiesto per iscritto dal dipendente e il versamento sia documentato dall’ufficio paghe e attestato dall’ufficio prestito sociale.

L’obbligo di tracciabilità previsto dalla normativa, sempre in base a quanto precisato dall’Ispettorato, non si applica ai compensi che derivano da borse di studio, tirocini e rapporti autonomi di natura occasionale.

Sulla scorta del parere fornito in maggio, la violazione dell’obbligo della tracciabilità si concretizza quando la corresponsione delle somme avviene con modalità diverse da quelle indicate dal legislatore. E questo, va da sé, anche nel caso in cui, nonostante l’utilizzo dei sistemi legali di pagamento, il versamento delle somme dovute non sia realmente effettuato.

Esempi emblematici di quest’ultima casistica sono il caso di bonifico bancario ordinato a favore del lavoratore e successivamente revocato e quello dell’assegno emesso e poi annullato prima dell’incasso effettivo da parte del lavoratore.

E’ chiaro che in questi casi il comportamento del datore di lavoro palesa un intento elusivo. Intento confermato dalla previsione contenuta nel comma 912 della Legge di Bilancio 2018, secondo il quale la firma del lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione. Da questo consegue, come rileva l’Ispettorato, che ai fini della contestazione è necessario verificare anzitutto che il datore di lavoro abbia disposto il pagamento secondo le modalità previste dalla normativa, ma anche che la transazione sia poi andata a buon fine.

Capitolo sanzione amministrativa. Con riferimento alla contestazione della sanzione amministrativa prevista dal comma 913 della Legge di Bilancio 2018, l’Ispettorato esclude l’applicabilità della diffida ad adempiere (sulla base all’articolo 13 del Dlgs 124/2004), dal momento che in questo caso si tratta di illecito non materialmente sanabile. Sarà dunque possibile la sola riduzione della sanzione secondo l’articolo 16 della legge n. 689/1981 con un importo pari a 1.666,66 euro da erogare entro sessanta giorni dalla notifica del verbale.