Ancora pochi passaggi prima della pubblicazione, sulla Gazzetta Ufficiale, del decreto attuativo della cosiddetta Ape agevolata o Ape sociale. In altre parole, la nuova misura assistenziale inserita nella riforma delle pensioni. Il relativo decreto attuativo è stato infatti firmato dal presidente del Consiglio e il provvedimento dovrà ora passare al vaglio del Consiglio di Stato.
L’Ape sociale, come precisa l’Inps sul suo sito, è una “indennità di natura assistenziale a carico dello Stato erogata dall’INPS a soggetti in stato di bisogno che abbiano compiuto almeno 63 anni di età e che non siano già titolari di pensione diretta”. L’indennità, spiega ancora l’istituto, è corrisposta, a domanda, fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia o dei requisiti per la pensione anticipata.
“Si tratta di una misura sperimentale – precisa l’Inps – in vigore dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018 intesa ad agevolare la transizione verso il pensionamento per soggetti svantaggiati o in condizioni di disagio ed è soggetta a limiti di spesa”.
Il beneficio è riconosciuto nel limite 300 milioni di euro per il 2017, 609 milioni di euro per il 2018, 647 milioni di euro per il 2019, 462 milioni di euro per il 2020, 280 milioni di euro per il 2021, 83 milioni di euro per il 2022 e 8 milioni di euro per il 2023.
L’indennità Anticipo Pensionistico (APE) spetta ai lavoratori, dipendenti pubblici e privati, autonomi e ai lavoratori iscritti alla Gestione separata che si trovano in una delle seguenti condizioni indicate dall’Inps:
- disoccupati che hanno finito integralmente di percepire, da almeno tre mesi, la prestazione per la disoccupazione loro spettante. Lo stato di disoccupazione deve essere conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura obbligatoria di conciliazione prevista per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo (articolo 7, legge 15 luglio 1966, n. 604);
- soggetti che assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente (genitore, figlio) con handicap grave (articolo 3, comma 3, legge 5 febbraio 1992, n. 104);
- invalidi civili con un grado di invalidità pari o superiore al 74%;
- dipendenti che svolgono da almeno sei anni in via continuativa un lavoro particolarmente difficoltoso o rischioso all’interno delle professioni elencate sul sito dell’Inps (QUI il collegamento).