Smart working: priorità a lavoratori disabili e a lavoratrici in congedo maternità

Il datore di lavoro dovrà dare priorità alle richieste di esecuzione della prestazione di lavoro in modalità di smart working avanzate dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla fine del congedo di maternità. Allo stesso modo, dovrà essere data precedenza alle richieste di smart working avanzate da lavoratori in condizioni di disabilità in base all’articolo 3 della legge 104/1992.

La novità sullo smart working emerge dalla legge di Bilancio 2019 (articolo 1, comma 486) ed è ulteriore dimostrazione dell’attenzione del Legislatore nei confronti del cosiddetto “lavoro agile”, introdotto in Italia poco più di un anno fa, con la legge 81/2017.

I dati diffusi periodicamente da istituti di ricerca, fonti governative e media di settore confermano peraltro la crescente attenzione nei confronti dello smart working come vero e proprio strumento di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

Rileva ad esempio il Sole 24 Ore nell’edizione online del 28 gennaio 2019: “In particolare nell’ambito delle imprese di grandi dimensioni è diffuso l’avvio di progetti strutturati di smart working che costituiscono uno strumento sia per la talent attraction nell’ambito delle nuove assunzioni, sia anche per l’incremento di produttività”.

COSA PREVEDE LA LEGGE – Ricordiamo che la legge istitutiva dello smart working in Italia prevede che questa particolare modalità di lavoro (svolta in parte in azienda e in parte in qualsiasi altro luogo) sia sancita da un accordo scritto che disciplini:

  • le modalità di esecuzione della prestazione resa fuori dai locali aziendali, anche con riferimento alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro e agli strumenti utilizzati dal lavoratore;
  • le fasce orarie di rispetto dei tempi di riposo del lavoratore, con le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche;
  • le modalità di esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore;
  • le condotte, connesse all’esecuzione della prestazione al di fuori dei locali aziendali, che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari.

A differenza dal telelavoro (svolto presso l’abitazione del lavoratore) nello smart working la prestazione può essere resa in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, in ogni caso nei limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale stabiliti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.

Ricorda infine il Sole 24 Ore: “La legge 81/2017 richiede che l’accordo sullo smart working sia sottoscritto con il singolo lavoratore. Tuttavia, non esclude la possibilità che anche i contratti collettivi possano regolamentare questa modalità di esecuzione della prestazione, come del resto avvenuto già prima dell’entrata in vigore della legge. Ovviamente, le disposizioni collettive, non solo future ma anche quelle pregresse, non potranno essere contrarie alla legge e comunque non potranno sostituire l’accordo individuale con il lavoratore, che dovrà esprimere il proprio consenso per iscritto. L’accordo individuale sul lavoro agile, con tutte le successive modifiche, deve essere comunicato al Centro per l’impiego”.