Coronavirus, in attesa di chiarimenti, ecco cosa deve sapere il datore di lavoro

In attesa di chiarimenti specifici circa le misure in materia di lavoro relative all’emergenza Corona-virus, sul fronte della prevenzione il Ministero della Salute, con la circolare n. 3190 del 3 febbraio ha fornito alcuni chiarimenti sui comportamenti prescritti a chi, per motivi di lavoro, viene a contatto con il pubblico. Le indicazioni, come precisa la circolare stessa, devono essere comunicate dai datori di lavoro all’intero personale dipendente.

Il provvedimento ministeriale riconduce l’emergenza coronavirus all’obbligo, gravante sul datore di lavoro insieme al medico competente ai sensi del D. Lgs. 81/2008 (Titolo X, Capo II), di tutelare i dipendenti dal c.d. “rischio biologico, in funzione della entità del pericolo corrente.
Il rischio ricorre quando l’attività lavorativa comporta la possibile esposizione a un “agente biologico”, ossia qualsiasi microorganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni” (v. artt. 266 e 267 D. Lgs. 81/2008).

Prescrizioni più stringenti operano, invece, con riferimento ai soggetti (gli operatori sanitari) che abbiano avuto contatti diretti con persone contagiate o rientranti nella definizione di “caso sospetto” ai sensi dell’allegato 1 della circolare del Ministero della Salute del 27.1.2020.

 

In tale contesto, per “caso sospetto” si intende:


A. Una persona con infezione respiratoria acuta grave – SARI – (febbre, tosse e che ha richiesto il ricovero in ospedale), senza un’altra eziologia che spieghi pienamente la presentazione clinica e almeno una delle seguenti condizioni:
• storia di viaggi o residenza in aree a rischio della Cina, nei 14 giorni precedenti l’insorgenza della sintomatologia; oppure
• il paziente è un operatore sanitario che ha lavorato in un ambiente dove si stanno curando pazienti con infezioni respiratorie acute gravi ad eziologia sconosciuta.


B. Una persona con malattia respiratoria acuta e almeno una delle seguenti condizioni:
• contatto stretto con un caso probabile o confermato di infezione da nCoV nei 14 giorni precedenti l’insorgenza della sintomatologia; oppure
• ha visitato o ha lavorato in un mercato di animali vivi a Wuhan, provincia di Hubei, Cina, nei 14 giorni precedenti l’insorgenza della sintomatologia; oppure
• ha lavorato o frequentato una struttura sanitaria nei 14 giorni precedenti l’insorgenza della sintomatologia dove sono stati ricoverati pazienti con infezioni nosocomiali da 2019-nCov.

In tali casi occorrerà contattare i servizi sanitari e, nell’attesa, evitare ulteriori contatti con i malati, fornire loro maschere chirurgiche, lavare accuratamente le mani e prevenire il contatto con liquidi delle persone contagiate o con materiali infetti da queste ultime utilizzati.

Al di là delle direttive ministeriali, rivolte a operatori di servizi o esercizi a contatto con il pubblico, va ricordato che operano poi gli specifici obblighi gravanti sul datore di lavoro quale gestore responsabile della prevenzione e della protezione del “rischio biologico” nei riguardi dei propri dipendenti.

 

A questo proposito, con particolare riferimento alla tutela dei lavoratori stabilmente impegnati all’interno di locali aziendali ubicati nel contesto nazionale, rimangono ferme le misure intuitivamente necessarie (anche in ottica strumentale all’attuazione delle prescrizioni ministeriali da parte dei singoli) ad assicurare la salubrità degli ambienti. Vanno in particolare ricordate, tra queste, l’installazione di erogatori di gel antibatterici, l’accurata pulizia degli spazi e delle superfici con appositi prodotti igienizzanti, la dotazione di guanti o mascherine protettive e simili accorgimenti.