Con l’approssimarsi della fine dell’anno e delle festività natalizie torna centrale il tema della corretta erogazione o messa a disposizione dei dipendenti di forme non monetarie di compensi.
I fringe benefits si sostanziano, infatti, nella messa a disposizione di beni e/o servizi ai dipendenti.
I fringe benefits vanno collocati nel quadro generale delle forme di retribuzione di tipo incentivante, poiché possono essere considerati come strumenti essenziali di valorizzazione della prestazione dei lavoratori e dei collaboratori.
Dal punto di vista fiscale e contributivo i fringe benefits hanno il vantaggio di derogare, in parte, al principio generale dell’omnicomprensività del reddito da lavoro dipendente.
Ai sensi dell’art. 51, comma 3, del TUIR sono esclusi dal concorso nella formazione del reddito del lavoratore tutti i benefits erogati se globalmente inferiori, nel periodo d’imposta, a 258,23 euro.
La legge di Bilancio 2024 (L. n. 213/2023) ha previsto che, limitatamente al periodo di imposta 2024, il limite di esenzione generale dal reddito di lavoro dipendente viene innalzato per la generalità dei lavoratori, a €. 1.000.
Tale limite è stato ulteriormente innalzato a €. 2.000 per i lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico.
Per “figli a carico” si devono intendere i figli che non abbiano un reddito superiore a €. 4000 se di età non superiore a 24 anni o di e€. 2.840,51 se di età superiore ai 24 anni.
I dipendenti che ritengono di possedere tali requisiti, per beneficiare dell’ulteriore soglia di esenzione, sono tenuti a consegnare una autocertificazione (allegato) al datore di lavoro, con l’indicazione del codice fiscale dei figli.
I datori di lavoro provvedono all’attuazione di tale disposizione previa informativa alle rappresentanze sindacali unitarie laddove presenti.
Per il 2024, oltre ai consueti fringe benefits (es. buoni spesa, buoni carburante, auto aziendali ad uso promiscuo, welfare previsto da CCNL ecc.), si conferma la possibilità per i datori di lavoro di rimborsare le spese per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale.
Inoltre, il datore di lavoro può erogare direttamente o rimborsare al lavoratore anche le somme destinate all’affitto della prima casa (intendendosi il canone risultante dal contratto di locazione regolarmente registrato e pagato nell’anno) o quelle per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa.
L’agenzia delle entrate ha chiarito che per la nozione di “prima casa” deve intendersi l’abitazione principale posseduta o detenuta dal dipendente, dal coniuge o dai suoi famigliari nella quali dimori abitualmente e a condizione che ne sostenga effettivamente le spese. A tal fine il datore di lavoro è tenuto ad acquisire e conservare la documentazione che giustifichi le spese già sostenute dal dipendente.
Le spese oggetto di rimborso, non potendo essere considerate effettivamente sostenute, non consentono al contribuente di beneficiare delle agevolazioni previste per le medesime spese.
A differenza del welfare aziendale, per il quale la legge subordina l’esenzione contributiva e fiscale al fatto che siano riconosciuti alla generalità o categorie di dipendenti, i fringe benefit possono essere riconosciuti anche al singolo lavoratore in accordo con il datore di lavoro.